Cos’è e come si manifesta il Workaholism o dipendenza dal lavoro

di Giulia Mellacca 6 settembre 2011

La dipendenza dal lavoro o work addiction è definita (Bryan E. Robinson, 1998) come un disturbo ossessivo compulsivo che si manifesta con richieste autoimposte, inabilità a regolare le abitudini lavorative, e una eccessiva indulgenza nel lavoro a esclusione di molte delle altre attività di vita. 

Il termine workaholism, crasi dei termini inglesi work, lavoro ed alcoholism, alcolismo, è stato coniato da Wayne Oates nel libro Confession of a Workaholic (1971) dove questo disturbo di dipendenza è descritto come rapporto compulsivo con il lavoro alla stregua del rapporto degli alcolisti con l’alcool.

Come l’alcolismo si tratta, infatti, di una dipendenza di natura progressiva, un tentativo inconscio di risolvere problemi di natura psicologica che hanno le radici nella famiglia di origine. Entrambi i comportamenti vedono lo svilupparsi di pensieri e patterns rigidi. I ‘superlavoratori’, così come gli alcolisti, passano da cariche adrenaliniche simili all’euforia mentre lavorano, a crollo depressivo e ansioso quando non lo fanno. Inoltre, così come le altre dipendenze da sostanze, la workaddiction è caratterizzata dalla tolleranza, in altre parole dalla necessità di aumentare la dose per soddisfare il bisogno.

Negli ultimi trent’anni non esiste ancora un accordo tra gli studiosi su come definire i dipendenti da lavoro e non esiste quindi una nomenclatura ufficialmente accettata in ambito psichiatrico o psicologico.

Chi lavora molte ore al giorno non è necessariamente workaddicted. Questi soggetti, hard workers, si impegnano molto tempo perché appassionati a quello che fanno, il loro stile di vita è sicuramente determinato dal loro lavoro, ma non sono consumati da questo.

È indubbiamente una parte della loro vita, ma che non tocca gli affetti familiari e amicali, i loro interessi e le loro credenze spirituali e sociali. In generale, il lavoro è essenziale per vivere bene. Attraverso di esso definiamo noi stessi, sviluppiamo i nostri sogni, e occupiamo il nostro posto in società. Ci dà soddisfazioni, successo e capacità di risolvere i nostri problemi. Ci dà una direzione. Il problema non è quindi il lavoro, che sembra essere solo il setting della dipendenza, il problema è l’addiction.

La particolarità e la complicanza della workaddiction sono  comunque  sicuramente determinate dall’Oggetto. Dobbiamo ricordare una differenza fondamentale con l’alcolismo: il bevitore accanito è una persona con dei problemi, un individuo da aiutare, secondo l’immaginario collettivo; un lavoratore accanito è invece una persona stimabile, arrivata, professionale e ben vista da tutti.

Questa dipendenza è in realtà quindi rispettabile, una dipendenza ‘ben vestita’, difficile da diagnosticare, in quanto riguarda il lavoro, un’attività necessaria per vivere e anche un mezzo di affermazione nel sociale, che assegna uno status e che riveste il valore di un rituale che contrassegna il vero passaggio all’età adulta. Il lavoro ha, come abbiamo già visto, un peso sostanziale sull’identità personale. A differenza delle altre forme di dipendenza, la workaddiction non porta benefici immediati, il lavoro richiede anzi uno sforzo, ma si instaura a partire da ricompense secondarie, il piacere indiretto dell’azione lavorativa protratta e ripetuta. A questo non raramente si può aggiungere anche il piacere diretto o primario che deriva dalla passione per la propria attività e le implicazioni psicosociali.

In un momento storico come quello che stiamo vivendo, in cui circa il 25% dei giovani sotto i 35 anni è senza lavoro, sembra inopportuno parlare di Workaddiction. In realtà è ancor più facile non riconoscere per tempo una dipendenza che porta con sé sintomi non tanto diversi da quelli della dipendenza da sostanze.

Scritto da Dottoressa Giulia Mellacca

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