Cos’è il bullismo? Quando il comportamento aggressivo diventa bullismo

di Giulia Mellacca 23 settembre 2011

“Quando uno piange, egli ride. Provoca tutti i più deboli di lui, e quando fa a pugni, s’inferocisce e tira a far male. Non teme nulla, ride in faccia al maestro, ruba quando può, nega con una faccia invetriata, è sempre in lite con qualcheduno. Egli odia la scuola, odia i compagni, odia il maestro”. Così Edmondo de Amicis ci dipinge il “bullo” Franti nel libro Cuore.

Nonostante non si trovi nei dizionari storici, “bullo” è una parola antica che risale al Rinascimento. Tommaso Garzoni, erudito nato a Bagnacavallo, la usò in una sua opera, “La piazza universale di tutte le professioni del mondo” pubblicata a Venezia nel 1585. In quest’opera, il termine bullo era affiancato a «bravazzi, spadaccini e sgherri di piazza». Il significato della parola dunque si associa all’inizio ad un’idea di violenza organizzata e ad un concetto di isolamento ed estraneità, di prevaricazione e di prepotenza. Poi nel Novecento il significato si attenua: indica per lo più soltanto un giovane arrogante.

Il bullismo è un abuso di potere.
Secondo gli studi che per primi hanno affrontato questo problema, perché una relazione tra soggetti possa prendere questo nome devono essere soddisfatte tre condizioni:

  1. si verificano comportamenti di prevaricazione diretta o indiretta;
  2. queste azioni sono reiterate nel tempo;
  3. sono coinvolti sempre gli stessi soggetti, di cui uno/alcuni sempre in posizione dominante (bulli) ed uno/alcuni più deboli e incapaci di difendersi (vittime).

La letteratura ci dice che il bullismo può esprimersi attraverso forme diverse:

  • psicologica (esclusione, maldicenza), prevalentemente femminile;
  • verbale (prese in giro, minacce, insulti), sia maschile che femminile;
  • fisica (aggressioni, tormenti), prevalentemente maschile.

In questa terza categoria vengono generalmente compresi anche il danneggiamento degli oggetti personali, i furti e le estorsioni. Restano esclusi, ma di volta in volta riconducibili ad una delle categorie appena enunciate, gli scherzi pesanti che spesso sono tra le forme di umiliazione più dolorose per ragazzi di questa età.

Il bullismo è da intendersi come una sottocategoria del comportamento AGGRESSIVO

  • INTENZIONALITÀ: il comportamento è volto a creare un danno alla vittima
  • SISTEMATICITÀ: presenta caratteristiche di ripetitività e perseveranza nel tempo
  • ASIMMETRIA DI POTERE: il bullo è più forte della vittima
  • DIVERSE MANIFESTAZIONI: attacchi fisici, attacchi verbali, attacchi indiretti.

La ricerca ha evidenziato alcuni fattori di rischio verso l’assunzione di questi due ruoli, di prevaricatore o di bersaglio. Questo significa che in alcune condizioni è più probabile che un bambino o una bambina, un ragazzo o una ragazza si trovi a fare o subire prepotenze.
A grandi linee possiamo riconoscere fattori riconducibili:

  •  al contesto familiare: l’assenza di uno o entrambi i genitori, l’assenza di dialogo, valori che incitano alla competizione e alla prevaricazione, la presenza di atti di violenza fisica o psicologica, l’eccessiva protezione, l’incoerenza, l’incapacità di dare limiti… contribuiscono a rendere un ragazzo/a prepotente o vittima;
  • all’ambiente scolastico: una scuola che incita alla competizione, una scuola disattenta, con spazi e tempi “di nessuno”, incoerente nel far osservare le regole, senza punti di riferimento adulti, o che considera gli allievi come vasi da riempire di nozioni e non come persone, è una scuola in cui più facilmente si svilupperanno relazioni di prepotenza.
  • alle caratteristiche personali: l’incapacità di mettersi nei panni degli altri, la mancanza di autostima, il bisogno di avere attenzione ad ogni costo, la diversità personale di fronte al gruppo possono introdurre in un ruolo di bullo o di vittima;
  • alla dimensione socio-ambientale: una scuola in cui tanti ragazzi vivono difficoltà di ordine personale, familiare, sociale, scolastico, e che non ha le risorse per aiutarli; l’idea, socialmente diffusa, che sia meglio essere furbi che onesti; l’omertà; l’incitazione alla violenza… costruiscono bullismo.

Scritto da Dottoressa Giulia Mellacca

Una replica a “Cos’è il bullismo? Quando il comportamento aggressivo diventa bullismo”

  1. Giandomenico ha detto:

    Un autentico flagello sociale e visto che i fatti di bullismo sono propri della scuola, i docenti difficilmente sono adeguati. Questi i ragazzi son abbandonati a dinamiche prevaricanti, insinuate dalla tv. Scritto veramente con chiarezza. Complimenti davvero.